Parliamo di gioielli

In questa pagina vi propongo articoli, che scrivo personalmente, inerenti mostre di gioielli in atto o passate oppure momenti storici della gioielleria italiana come anche notizie sulle pietre preziose e semi preziose.                   

 Nuovi articoli verranno pubblicati periodicamente.

CREARTE

La prima persona per la quale indossare un gioiello sei tu perchè sei la persona da soddisfare.

Se compri solamente brand e non oggetti costruiti con amore e scelti con attenzione e passione sarai una statua senza vita, magari apparentemente graziosa ma profondamente opaca e appannata.

Compra il bello, non comprare il brand. Non è il blasone a tutti i costi quello di cui ti devi adornare, non è quello che ti farà brillare. Scegli oggetti splendenti; scegli oggetti che siano stati costruiti con amore.

Investi sul tipo di donna che vuoi essere. Ogni pezzo prezioso che acquisterai contribuirà ad aggiungere splendore. Scegli cose che ti facciano brillare gli occhi, che ti trasmettano emozioni.

Ogni gioiello che scegli deve avere un unico obiettivo, farti sentire brillante. Splendere dona benessere e serenità.

Un gioiello è molto più di belle pietre e metalli preziosi. Un gioiello, quando ti accompagna in un evento positivo e splendente, è il monito di tutto quello che ti aiuta a brillare e ti aiuterà a sentirti la persona che vuoi.

Non è il gioiello ma l’esperienza sensoriale che lo accompagna che rappresenta il godimento intrinseco nel desiderarlo, nello sceglierlo, nell’assaporare ogni momento mentre lo indossi. Poco importa il brand o il prezzo: è il viaggio quello che conta. Scegliere il tuo stile è il primo passo per affermare con voce autorevole chi sei, che cosa ti piace, qual è il tuo messaggio.

La bellezza è prima di tutto per te. L’occasione speciale è adesso; è ogni volta che ti guardi intorno.

                                                                                           Paola Gerosa

La storia del gioiello

Scrivere la storia dei gioielli equivale a ripercorrere la storia dell’uomo perchè il gioiello, in quanto ornamento e simbolo di status sociale, compare presso tutti i popoli primitivi e in tutte le regioni della terra. La funzione talismatica del gioiello si sviluppa progressivamente con il concetto di ornamentazione personale. I processi di caratterizzazione del gioiello si definiscono mediante l’allontanamento dal suo significato simbolico.  A partire dall’800 si verifica una vera innovazione nei materiali, nelle tecniche, negli stili e, per la prima volta, un pubblico più vasto, meno elitario e meno aristocratico. La fantasia degli orafi diventa sbrigliatissima con la comparsa dei gioielli “da giorno”. Forti sono i condizionamenti culturali in ogni epoca.

A seguito dell’influenza delle avanguardie storiche dei primi del ‘900 le Arti Figurative inventarono un gioiello che, al di là del significato ornamentale, si imponeva come opera d’arte autonoma.

Una delle peculiarità più rilevanti del gioiello contemporaneo è quella di essere sempre meno un fatto “decorativo”. Forma e materia, linea e cromia vivono di un dialogo con lo spazio e si esaltano come eventi autonomi, fino a proporsi come vere e proprie”sculture” portatili, ricerche plastiche tra corpo e ambiente. Il gioiello è inteso come una sorta di struttura comunicativa atta a qualificare lo status socio-economico del suo possessore.

La preziosità del materiale non è più connotazione necessaria del valore perchè esso si affida alla qualità progettuale e all’efficacia dell’invenzione formale. La preziosità del lavoro artistico-artigianale afferma la straordinarietà e unicità del gioiello, capace di modulare in modo nuovo la percezione dello spazio. Liberati dal materialismo, i gioielli vengono ideati per il godimento degli occhi, per l’elevazione dello spirito, per stimolare l’immaginazione. Il gioiello ha valore indipendentemente dai materiali che lo compongono, conferendo libertà all’oggetto.

Il gioiello ottiene l’autonomia da mera funzione decorativa per entrare in rapporto con la materia che vibra con la luce sua propria e dei riflessi dei colori circostanti e delle pietre. Opere d’arte da indossare, questi ornamenti sono strettamente legati all’evoluzione del gusto e dei costumi nella società. Nel gioiello l’artista trasfonde tutta la sua sensibilità e la ricchezza della sua fantasia. L’oreficeria d’artista non è affatto un’arte minore; è sempre e soprattutto un’opera. Contrastare la scomparsa del pezzo unico a favore della massificazione industriale attesta la qualità su un livello inferiore.

Il gioiello è evolutivo; segue o precede le correnti della moda. L’artista, volente o nolente, subisce l’impronta del suo tempo, traducendola nella propria arte secondo il personale talento o temperamento come creatore geniale. Il gioiello oggi è vivo e vibrante; in un certo senso la sua storia è appena cominciata poichè il suo potenziale come forma d’arte è nuovo. Si spera che un pubblico sempre più preparato non si accontenti più delle imitazioni. Il gioiello contemporaneo costituisce la gioia estetica degli occhi e dell’intelletto trasmettendo un segnale di cultura e di pensiero.

La scuola migliore è la pratica; è nell’esperienza e nella ricerca che si sviluppa ila senso del fare.

Nulla cade nel vuoto, tutto quello che si fa serve a portare avanti un pensiero.

Collezione Contrasto sostenibile

I gioielli di Crearte

L’artigianato italiano vanta una tradizione plurisecolare, i cui valori esaltano il carattere nostrano poco portato alla massificazione industriale. L’artigianato si basa sul talento e sull’unicità piuttosto che sulla quantità.

Mentre agli inizi del XIX secolo gli interessi delle attività artigiane sono schiacciati da quelli più influenti dell’industria e del commercio, ora si scopre l’importanza del prodotto non seriale là dove questo permette il riciclo e la sostenibilità. Nella quotidianità è necessario recuperare ciò che non si usa più perché ormai non rispecchia il nostro gusto o perché è rotto, riutilizzando i materiali per creare un oggetto unico e personale. Rappresenta anche un modo per contenere la crisi economica che ha messo in difficoltà il paese in questo ultimo decennio. Inoltre è una scelta ecologica, un percorso creativo che nasce dal fermento che ci trasmettono i materiali stessi, a cui dare una nuova collocazione  nella nostra vita. Solo un laboratorio artigiano permette questo pregiato lavoro di riciclo. Nella seconda metà del secolo scorso si è fatto un uso quasi eccessivo delle materie prime quale l’oro, diventato talmente caro da essere quasi inaccessibile ai più, le pietre naturali che, in alcuni casi, sono state portate all’esaurimento come il corallo e l’avorio. E’ necessario promuovere l’educazione ad un consumo sostenibile. Riutilizziamo ciò che si trova in casa: dall’argento alle pietre spostandole da monili destinati a non essere più utilizzati. Con grande attenzione per l’ambiente creo i miei gioielli in modo sostenibile. Tutte le volte che è possibile cerco di riadattare, rimodellare, reinventare partendo da pietre preesistenti; oggi sono oggetti che non si basano tanto sull’acquisto di nuovi materiali ma sfruttando ciò che si ha già in casa, di famiglia o semplicemente inutilizzati perché passati di moda o soltanto non rispecchiano più il nostro nuovo modo di essere e sentirci.

L’unione di pietre diverse con il metallo si ispira alle differenze che caratterizzano ogni aspetto della vita, dalle diversità sociali a quelle di genere. La mescolanza di cose diverse, il gioco degli incastri di mondi apparentemente lontani o inconciliabili.

Ogni aspetto si fonde, si affianca, convive con più o meno semplicità ma sempre cercando la felicità personale, come quella che si ricerca indossando un prezioso unico che ci rappresenta. I miei gioielli sono unisex come genderless sono le persone che li scelgono e li sfoggiano, con un occhio attento alla sostenibilità ecologica. La diversità del sociale si rispecchia nelle mie creazioni.

La vita ci ingabbia con le sue difficoltà; sta a noi mettere le ali e trovare, nel dedalo dei circoli viziosi, trovare la via per la felicità. I percorsi tortuosi dell’esistenza sono riprodotti nei miei gioielli attraverso le curve e i reticoli che rappresentano la gabbia dei continui bivi a cui siamo sottoposti. La quotidianità ci costringe a costanti cambiamenti per adattarci alla difficoltà che la vita ci pone lungo il percorso.

La vita è piena di linee sinuose e spigoli, colori forti e contrastanti che vanno armonizzati tra loro, muovendosi liberi sulle curve e smussando gli spigoli. La diversità è la base del mondo contemporaneo. Si tratta di adattarsi o soccombere. Dalla quotidianità traggo ispirazione per i miei gioielli attraverso i quali cerco di rappresentare una grande ricchezza per chi non si chiude in se stesso ma si apre al prossimo e al diverso da sé.

I gioielli che più di frequente mi piace creare sono di grandi dimensioni, sempre particolari, spesso ornati con le perle scaramazze, d’acqua dolce, ognuna unica come i monili che mi caratterizzano. Cerco di garantire una suggestione trasversale che si addica facilmente alle diverse anime, da quella più dolce a quella più grintosa. L’importante è sentirsi bene con ciò che si indossa: monili no-logo per puntare sul gusto personale sottolineando la propria personalità, piuttosto che sulla firma e sulla ripetitività.

L’utilizzo dei social permette un contatto diretto fra il produttore e il consumatore. I miei gioielli spaziano dall’occasione speciale alla quotidianità, su cui mi concentro in particolar modo.

La società in cui viviamo ha la caratteristica di essere molto esigente: richiede sempre di più anche per rendere il mondo un posto in cui poter continuare a vivere.

 

Gioielli firmati

Intorno alla fine del XIX secolo, i maestri gioiellieri del mondo occidentale cominciarono a uscire dall’anonimato, sotto il quale avevano lavorato, per emergere come voci individuali, ognuna delle quali parlava un accento unico e chiaramente riconoscibile. Fu sempre attorno a quest’epoca che i modelli insignificanti, prevedibili dell’epoca precedente scomparvero; il risultato fu che i celebri orafi si possono immediatamente riconoscere grazie ai loro interessi particolari e alle loro scoperte. Castellani, ad esempio, è famoso per il suo nostalgico recupero dell’oreficeria etrusca; Carl Fabergé diede enfasi all’originalità del disegno e alla qualità della lavorazione, piuttosto che all’intrinseco valore dei materiali usati. René Lalique fu irresistibilmente affascinato dalle strane forme che adattava alla natura. E l’occhio indagatore di un Cartier o di un Boucheron poteva infondere eleganza alle predilette forme astratte. 

Gli straordinari manufatti in oro, argento e platino, gemme tagliate e polite in ogni modo immaginabile e smalti, traslucidi, opachi o trasparenti come vetrate; tutti in effetti disegnati e realizzati per aumentare il fascino e l’attrattiva delle persone fortunate abbastanza da indossarli.

Riportiamo in vita il mondo della gioielleria di lusso, compresi i suoi aspetti sociali, estetici e commerciali, dalla metà del XIX secolo ai giorni nostri.

                            Storia del gioiello

Gli etruschi e gli abitanti della Magna Grecia raggiunsero il massimo della perfezione nei primi anni della storia di Roma, ma con l’affermarsi del potere imperiale l’arte della gioielleria perse in bellezza, come sempre succede alle arti che fioriscono nella vita libera delle nazioni, ma languono e muoiono quando la libertà si indebolisce e scompare. 

Gli scavi di Pompei hanno portato alla luce opere del periodo greco-romano, inferiori a quelle trovate in Etruria e nella Magna Grecia. E anche se negli ornamenti pompeiani troviamo qualche volta le forme eleganti di tempi più remoti, che mostrano la ben nota persistenza di certi tipi arcaici, le qualità artigianali sono sotto ogni aspetto inferiori. Da questo si deduce che la decadenza era già incominciata e che gli ornamenti della Roma imperiale non erano all’altezza, per disegno ed esecuzione, di quelli del periodo più antico.

Un disprezzo simile era riservato ai gioielli dei primi cristiani della Città Eterna. I pochi gioielli trovati nelle catacombe romane, simili per forma a quelli dell’età buia, sono così poveri dal punto di vista artistico da poter essere paragonati ai rozzi produttori delle età primitive.

Non è certo se i maestri italiani dell’arte della gioielleria del Quattrocento avessero perduto o trascurato tutte le tradizioni delle antiche scuole o se, guidati dal loro genio naturale, avessero cercato di creare nuovi metodi di lavorazione, per armonizzare quest’arte alle forme sotto le quali le arti sorelle stavano risorgendo. Quei maestri studiarono e usarono a loro discrezione metodi completamente differenti da quelli antichi.  Le loro opere migliori sono quelle in cui i materiali si combinano secondo la fantasia libera e originale dell’artista, senza mostrare la minima somiglianza con l’antico.

 

I gioielli di Giò Pomodoro 

Il segno e l’ornamento

Arnaldo e Giò Pomodoro, due fratelli con l’arte nel sangue, nella testa e nelle mani, una vocazione che li ha collocati tra i grandi protagonisti della scultura contemporanea. Se le opere di Arnaldo puntano a instaurare un dialogo tra il destro e il fuori – inconfondibili le sue sfere che sfidano la perfezione della rotondità squarciandosi per liberare il non percettibile – quelle di Giò sembrano camminare sulla medesima ricerca degli spazi e della materia ma dando  vita a segni apparentemente astratti che creano vuoti dove lasciare entrare la luce.

Un tratto che ha portato anche nei gioielli ai quali il Museo del gioiello di Vicenza ha dedicato la mostra “I gioielli di Giò Pomodoro: il segno e l’ornamento”, curata da Paola Stroppiani che ha dichiarato: “In tutti i gioielli convivono una grande capacità di progettazione, il segno intellettualmente espresso in disegni di rara cultura classica e alla dimensione rituale-metafisica. Pomodoro seppe inoltre mantenere uno stretto legame con la produzione scultorea, trasponendo nei gioielli e viceversa, gli esiti delle proprie ricerche plastiche, dalle Tensione Folle ai Gusci, dai Contatti ai Soli”.

Le opere orafe del grande artista saranno esposte in una retrospettiva temporanea fino al 22 settembre 2018. La mostra presenta un’ampia selezione della produzione artistica del maestro: tra le opere esposte moltissimi gioielli provenienti da collezioni private.

L’omaggio al maestro Giò Pomodoro (1930 – 2002) orafo, incisore, scultore e scenografo, avviene a 16 anni dalla sua scomparsa. La mostra è una preziosa occasione per portare all’attenzione del pubblico il contributo del grande scultore alla moderna concezione di “gioiello d’artista” come opera d’arte in sé compiuta e alla codificazione di tale fenomeno critico nell’Italia del secondo dopoguerra.

Il percorso espositivo presenta un’accurata selezione di gioielli, oltre 60 opere che coprono un arco temporale di quasi mezzo secolo. Un racconto che si snoda a partire dai primi gioielli degli anni ’50 quando il maestro inizia a svilupparsi autonomamente e costantemente nei decenni a seguire, spesso anticipando gli esiti della pratica scltorea. Esplorando le potenzialità della forma e della materia, già a partire dal 1953 Pomodoro applica l’ntica tecnica della fusione su osso di seppia ottenendo delle particolari texture sulle superfici, esaltate come straordinario elemento decorativo. Le varie tipologie dell’oro e il il misurato inserimento delle pietre preziose contribuiscono a caratterizzare fortemente i suoi gioielli che dichiarano una forte componente organica e raccontano il passaggio dal figurativo all’Informale.

Dalla seconda metà degli anni ’60 lo studio sul vuoto e sulle tensioni lineari espresse nella scultura, sono parimenti leggibili nei gioielli, dove è presente un’organizzazione segnica più mentale e rigorosa, con effetti di continuo movimento e tensioni di energia tra le superfici. Giò seppe sfruttare appieno l’ampia conoscenza delle tecniche orafe apprese negli anni della formazione, applicate sia in autonomia sia in collaborazione con grandi artigiani orafi, in particolare i Fumanti di Roma. Di questo periodo i gioielli prodotti per la GEM di Montebello, uno dei primi esperimenti di produzione industriale seriale.

Negli anni ’70 prevale un maggiore geometrismo: all’elemento meccanico arrricchito da avvitature e cerniere, si affiancano uno spiccato uso della cromia dato dagli smalti, espressione di una visione più elaborata ed estrosa. I prototipi e le nuove ricerche degli anni ’90 sulle pietre dure portano il maestro a una nuova stagione creativa, ricca di  sperimentazione in termini di disegno e cromia.

 

Museo del gioiello

Piano terra della Basilica Palladiana

Piazza dei signori, Vicenza

Fino al  2 settembre 2018

Orario: Martedì-venerdì 15,00-19,00; sabato e domenica 11,00-19,00

 

Longobardi

Un popolo che cambia la storia

Nord e Sud Italia uniti per la più importante mostra mai realizzata sui Longobardi. Dal 1 settembre al Castello di Pavia, dal 15 dicembre al MANN di Napoli e ad aprile 2018 al Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, una mostra epocale. Pavia torna capitale del “Regnum Longobardum” e Napoli si fa portavoce del ruolo fondamentale del Meridione nell’epoca degli “uomini dalle lunghe barbe” e nella mediazione culturale tra Mediterraneo e nord Europa.

La mostra ha il sapore di un riscatto da parte dell’archeologia medievale, per molto tempo considerata branca minore dell’Archeologia classica proprio nel tempio dell’arte greco-romana, il Museo archeologico nazionale di Napoli, uno dei più antichi e più importanti del mondo.

Si tratta del punto di arrivo di oltre 15 anni di nuove indagini archeologiche, epigrafiche e storico-politiche su siti e necropoli. La mostra consentirà di dare una visione complessiva e di ampio respiro (dalla metà del VI secolo, dalla presenza gotica in Italia, alla fine del I millennio) del ruolo, dell’identità, della strategia, della cultura e dell’eredità del popolo Longobardo che nel 568, guidato da Alboino, varca le Alpi Giulie e inizia la sua espansione sul suolo italiano: una terra divenuta crocevia strategico tra Occidente e Oriente, un tempo cuore dell’Impero Romano e ora sede della Cristianità, ponte tra Mediterraneo e Nord Europa. Un popolo che cambia la storia ricostruendo grandi sfide economiche e sociali affrontate dai Longobardi e riflette sulle relazioni e sulle mediazioni culturali che dominarono quei secoli di guerre e scontri, alleanze strategiche e grandi personalità.

Il Ducato di Benevento, rimasto in vita come stato indipendente sin oltre la metà dell?XI secolo, non solo conservò memoria e retaggio del Regno di Pavia, abbattuto da Carlo Magno nel 774, ma elaborò un proprio originale ruolo di cinghia di trasmissione fra le culture mediterranee e l’Europa occidentale.

Nel IX secolo Salerno e Capua si staccarono da Benevento e assursero al ruolo di capitali autonome dei propri ducati. Le tre città campane non potevano non relazionarsi con la Napoli bizantina; non fu mai Longobarda, anzi. Respinse gli attacchi dei Longobardi di Benevento rimanendo fedele a Bisanzio e visse come ducato dinastico dal IX secolo tre secoli di assoluta indipendenza.

Il corpo espositivo si sviluppa in otto sezioni, con un allestimento di grande fascino e di assoluta novità nel campo archeologico, che incrocia creatività, design e multimedialità: dal cupo contesto in cui si innesta in Italia l’arrivo dei Longobardi ai modelli insediativi ed economici introdotti dalla loro presenza. Dalle strutture del potere e della società nel periodo dell’apogeo, alle testimonianze della Longobardia Meridionale tra Bizantini e Arabi, principati e nuovi monasteri.

La mostra si conclude con la grande fioritura della Longobardia Minor che prolunga, caduta Pavia a opera di Carlo Magno, la presenza longobarda di ducati autonomi in Italia fino all’XI secolo. I numerosi reperti sono la testimonianza del valore artistico e della maturità espressiva raggiunta in questi secoli nel Sud Italia e delle contaminazioni culturali. Altissimo è il livello dell’oreficeria napoletana di influsso bizantino presente nella città partenopea agli esordi dell’età ducale.

L grande epopea longobarda si ripercorre in mostra anche grazie alle suggestioni offerte da un allestimento originalissimo, basato su evocazioni cromatiche materiche e grazie a supporti e soluzioni tecnologiche multimediali, virtuali e immersive che offriranno suggestioni e molteplici contenuti.

Napoli

Museo Archeologico Nazionale – MANN

Fino al 25 Marzo 2018

Email: man-na@beniculturali.it

Sito Ufficiale: www.museoarcheologiconapoli.it

 

Museo del gioiello

Il Museo del Gioiello, inaugurato a Vicenza nel 2014,  il primo in Italia e uno dei pochi al mondo, è dedicato esclusivamente al gioiello italiano.

Ospitato nelle grandiose Sale della Basilica Palladiana, esalta i gioielli in tutte le sue forme raccontandone anche la storia. Opere antiche e contemporanee, preziose per i materiali impiegati e la qualità della manifattura, fanno convergere mondi e discipline distanti. Girando tra le 9 aree tematiche in cui è suddivisa, si può apprezzare l’unione tra antropologia e moda, artigianato e design, arte e tecnologia.

Piano terra della Basilica Palladiana

Piazza dei signori

Vicenza

Orario: Martedì – Venerdì 15,00 – 19,00

Sabato e domenica 11,00 – 19,00

 

Intrecci preziosi.

La catena tra funzione e ornamento

La mostra presenta un’importante selezione di catene realizzate in Veneto, regione che, fin dal Rinascimento, è stata uno dei principali baricentri manufatturieri. Le catene, considerate come l’elemento più diffuso e versatile della storia del gioiello, esprimono l’abilità del territorio di creare gioielli alla moda di eccellente qualità e complessità tecnica.

Nel percorso della mostra si possono ammirare le catene storiche della tradizione vicentina realizzate sia industrialmente che artigianalmente e che rappresenta un elemento funzionale insito di ricerca e sperimentazione.

Organo meccanico da trazione, la catena è stata ispirazione per il panorama orafo ed espressivo della manifattura e della bellezza italiana. Le 80 catene esposte rappresentano la forza e l’identità della manifattura italiana dalla fine del ‘700 ad oggi. Un percorso avvincente che dimostra come da semplice elemento funzionale possano prendere vita gioielli straordinari. Le catene sono diventate icone dello stile, della bellezza e del saper fare Made in Italy. La mostra vuole celebrare questa tipologia artistica e manufatturiera come oggetto che testimonia la creatività e l’eccellenza produttiva del distretto orafo veneto, congiungendo il passato al futuro nel segno della creatività e dell’innovazione.

Per la curatrice della mostra Alba Cappellieri “la catena stringe, lega, sostiene, decora, racchiude, allude all’idea affascinante della circolarità, è un ornamento senza confini, né cronologici, né geografici, che attraversa la storia del costume come dell’oreficeria e della moda. Le catene hanno tradizionalmente una duplice interpretazione: nella accezione negativa sono i segni della schiavitù, mentre in positivo rappresentano la bellezza e il prestigio sociale e come tali sono state rappresentate dai più grandi pittori della storia dell’arte per simboleggiare valori universali come l’onore, la fedeltà, l’amore.

Museo del Gioiello

Piano terra della Basilica Palladiana

Piazza dei Signoti

Vicenza

Fino al 25/3/2018

Orario: martedì/venerdì 15/19

sabato e domenica 11/19

Corpo, Movimento, Struttura. Il gioiello contemporaneo e la sua costruzione

Una mostra al Maxxi indaga il rapporto tra architettura e gioielleria contemporanea attraverso il dialogo tra 6 designer e 6 architetti.

Oltre i materiali la gioielleria contemporanea, già a partire da Gem Montebello a Milano e Fumanti a Roma negli anni Sessanta, si misura prima di tutto con la visione progettuale. La capacità tecnica deve sposare l’indossabilità e la portabilità del prodotto. Un gioiello è un oggetto che si presta a molte letture e la prima è la bellezza intesa sia come idea del bello che un monile trasmette, sia l’estetica dell’oggetto in sé. Altro valore importante è dato dalla ricerca strutturale del gioiello il cui valore non è dato solo dai materiali, quanto dalla complessità della struttura. Il disegno, in questo caso, ha molti punti in comune con l’architettura: gioielli e architettura si relazionano con il corpo in movimento. L’architettura è infatti, equilibrio e peso dei volumi.

A dimostrazione di un fecondo colloquio tra architettura e designer espone Gianpaolo Babetto, da sempre appassionato di architettura. Carlo Scarpa, architetto noto per i suoi dettagli preziosi. Davide Bielander designer vicino alle arti visive e all’architettura. Maurizio Sacripanti appassionato di metalli e strutture rigorose. Helen Britton ha studiato l’uso dei materiali. Monica Cecchi ha un linguaggio vicino alla Pop Art. Peter Chang realizza gioielli con resine colorate. Ian Sajet crea monili che si contraddistinguono per la forza delle strutture.

I gioielli sono presentati in mostra insieme ai disegni preparatori, alle fotografie, ai video, per sottolineare il processo di progettazione ed esecuzione di pezzi unici e di piccola serie, che dà risultati completamente differenti dalla gioielleria industriale. Accanto è esposta una selezione di modelli di architettura che interagiscono con il gioiello come pure suggestioni strutturali.

 

Corpo, movimento, struttura. Il gioiello contemporaneo e la sua costruzione

Museo del Maxxi

Via Guido Reni, 4 Roma

Fino al 14 gennaio 2018

Orario: Martedì/domenica 11/19 Sabato 11/22

 

 

 Lucio Fontana

Per Fontana il gioiello è un destino involontario del suo linguaggio, qualcosa che non può aggiungere nulla alla sua concrezione spaziale, alla relazione immediata tra spazio interno e spazio esterno, attraverso la penetrazione dello spazio. La trascrizione dei concetti spaziali nella forma circoscritta di un gioiello si esprime attraverso la tensione del “taglio” o vibrazione dei “buchi”, come preferiva chiamarli l’artista, dei concetti spaziali fissati nelle piccole dimensioni di un anello, un bracciale o una collana.

Nei gioielli realizzati da disegno di Fontana il linguaggio è fortemente applicato, prevalendo la riconoscibilità dello stile sul manufatto stesso. Sono evidenti i caratteri formali trasferiti nel gioiello che riflettono il loro stile di pura e semplice decorazione d’autore. Se si guardano i disegni preparatori non si può fare ameno di notare l’efficacia e la disinvoltura nel delineare le forme del gioiello.

Si deve alla lungimiranza di GEM Montebello la realizzazione di alcuni tra i più conosciuti gioielli di Fontana. Emerge prepotente l’attenzione verso l’incidenza della luce che dialoga con i valori cromatici della superficie, con le variazioni che si creano a seconda del movimento di chi lo indossa. Da un lato la luce viene catturata dalla materia, dall’altra il colore viene esaltato come luogo di vibrazioni luminose mettendosi in rapporto con i “concetti spaziali” creati dalla relazione di diversi metalli e di smalti. L’energia implacabile del gesto che rompe, buca, taglia, rimane impressa nel gioiello in un valore di sacralità della materia.

   Gli anni sessanta e settanta a Milano

Tra i primi a mostrare interesse per il gioiello è Fausto Melotti che crea monili in terracotta e ottone che, nella loro semplicità e purezza formale evocano le civiltà classiche. L’autore sfrutta la realizzazione delle sculture in metallo per realizzare gioielli che trovano la loro eleganza e preziosità nella spontaneità della composizione, nell’armonia formale e nei rapporti tra volumi e spazi vuoti.

Seguono un percorso totalmente diverso Arnaldo e Giò Pomodoro che nascono orafi. I primi lavori realizzati a quattro mani non rendono possibile capire l’intervento di uno rispetto all’altro. Con il passare del tempo maturano un forte interesse per la scultura. Arnaldo scopre nel 1954 la possibilità di realizzare i suoi gioielli su osso di seppia scavando sulla superficie il modello dell’oggetto. Ama l’oro rosso perché più vicino al colore del rame con cui realizza le sue prime sculture. Nascono così dei pezzi unici che sembrano amuleti primitivi. In realtà questi gioielli esprimono perfettamente i rituali sociali tra Milano e New York.

Giancarlo Montebello afferma: “non è corretto definire belli i gioielli d’artista, con il semplicistico criterio che il bello è l’opposto del brutto. Essi tendono a essere in primo luogo ‘inusitati ed esorbitanti’ in quanto evadono dal criterio di normalità di uso perché possiedono la caratteristica di scardinare la consueta relazione tra l’oggetto e il corpo, dato che quest’ultimo non è al centro dell’interesse dell’artista, ne è solo una accidentale appendice.”

Tra il 1967 e il 1978 l’impresa del gioiello d’autore, per il quale viene scelto il nome di GEM, si basa su una grande fertilità per la ricerca d’avanguardia italiana. La tendenza è quella del superamento dei confini tra il mondo dell’arte e quello della vita.

L’idea rivoluzionaria di Montebello è quella di concepire, su progetto di artisti, multipli preziosi di alta qualità da vendersi attraverso le gallerie d’arte italiane e straniere.  Nella lavorazione vengono impiegate sie le tecniche specifiche orafe, sia quelle delle lavorazioni meccaniche per produzioni seriali.

Determinante è la scelta degli artisti coinvolti nel progetto. Tra i primi è Lucio Fontana.

  Rosso come la passione

Nell’arcobaleno il primo colore è il rosso; quando il sole  tramonta il suo colore è il rosso. Il rosso è il colore del rubino, la gemma della passione bruciante, del sangue che scorre. Infatti è la pietra dell’ariete, segno zodiacale passionale per eccellenza, forte e deciso, il cui sangue scorre impetuoso nelle vene; chi possiede un rubino vivrà in pace  con tutti gli uomini, non perderà le sue ricchezze, sarà al sicuro da ogni pericolo. La pietra è considerata emblema di felicità, forza fisica e passionalità: porta gioia a chi la indossa; rappresenta il talismano per chi desidera potere e successo, soprattutto in amore.

La prima testimonianza per la conoscenza dei rubini risale agli egizi che polverizzavano la gemma per usarla come medicamento. Il nome della pietra deriva dal latino “rubens” cioè rosso. La gemma più antica di cui si conosce la storia è quella del “principe nero” (1366) conservata nel tesoro della corona inglese.

Il rosso simboleggia l’amore, emana calore e senso di vita. Per migliaia di anni è stata considerata la pietra più preziosa, simbolo del fidanzamento. E’ molto rara, di grandissima bellezza; chimicamente è ossido di cromo. Il suo colore varia dal rosso brillante al rosso cupo: il più pregiato è il rosso vivo di qualità birmana detta “sangue di piccione”: ha un colore così intenso da rendere viola o rosa qualunque altra pietra le venga messa vicino. Le dimensioni sono solitamente ridotte.

Come il vero amore, un bel rubino è davvero raro. Simbolo della passione si associa a San Valentino, vescovo e martire (176 – 273) di Terni. Questi si è visto attribuire alcuni miracoli che gli hanno regalato la fama di santo dell’amore: gli si attribuisce la capacità d proteggere i fidanzati e gli innamorati, ai quali regalava delle rose rosse per augurare loro un’unione felice. La festa del vescovo, in realtà, è la trasposizione cattolica di antichi festeggiamenti greci e romani dedicati alla fertilità, che si svolgevano il 15 febbraio, giorno, oggi, dedicato ai single.

Nella data in cui si celebra il santo, infatti, il 14 febbraio, gli amanti sono soliti scambiarsi dei doni per sottolineare il loro amore con oggetti simbolici. E perché allora, non farlo donando la pietra della passione per eccellenza ricorrendo però a una soluzione meno impegnativa del classico rubino? Si può trarre ispirazione dai rubini stellati: per lo più di taglio cabochon, cioè a mezza sfera, presentano un asterisco brillante sulla superficie opaca della pietra che la rende molto piacevole. Spesso montato su anelli di grandi dimensioni perché si presta anche a tagli non tradizionali, permette quindi, agli artigiani di dare libero sfogo alla loro fantasia per gioielli che non siano unicamente improntati ad esaltare principalmente la bellezza della gemma ma a sottolineare il gusto artistico del creatore. Con un gioiello unico, magari realizzato per l’occasione, si può esprimere al meglio quanto sia ineguagliabile il vostro amore, proprio come l’oggetto scelto per un momento così speciale.

Altra idea per un bel regalo, ma meno “prezioso”, sono le radici di rubino: quella parte della pietra a contatto con la roccia che la rende quindi molto impura e poco o per nulla trasparente, che però mantiene il colore intenso del rubino. Ultimamente ha preso molto piede perché può essere anche di grandi dimensioni; l’utilizzo più diffuso si ha nelle collane, intervallate da zaffiri e smeraldi o più fantasiosamente accompagnate con perle e altre pietre dure policrome per esaltarne l’intensità dei riflessi e il calore del colore. Piacevole è l’accostamento con la luminosità dell’argento che esalta i caldi riflessi della gemma donandole splendore.

 

 

Il gioiello d’artista

Al giorno d’oggi ci sembra che  tutto sia già stato visto e in molti siamo alla ricerca, quasi maniacale, di qualcosa che riesca ancora a stupirci, qualcosa ancora fuori dal coro e dalle mode. Ricerchiamo individualismo e qualità, originalità e bellezza.

Se oggi la moda è fuori moda, è l’arte la nuova tendenza, per cui assistiamo a un sempre più forte interesse per quest’ultima, soprattutto nelle sue espressioni contemporanee. Osca Wild definiva la moda “un’epidemia congegnata ad arte”; oggi potremmo parlare di “un’epidemia d’arte”.

E’ sicuramente grazie a questi nuovi interessi culturali che sempre più persone ricercano e apprezzano il gioiello d’artista, il quale non deve e non può segnare una moda, ma cristallizza lo spirito dell’autore e l’evoluzione del suo pensiero.

Per comprendere l’arte, a volte, è necessario entrare nelle sue pieghe, studiarne i dettagli; questi gioielli-scultura, espressioni anche casuali di più complessi percorsi artistici, ci possono fornire la chiave per meglio capire il linguaggio del loro autore attraverso un percorso inusuale. Guardare, apprezzare, capire questi oggetti non basta: non sono quadri o sculture; sono stati pensati per essere indossati e prendono vita solo quando si completano con la personalità di chi li indossa.

Chi ama questi gioielli  è appassionato d’arte e indossandoli crea con questi un forte legame, diventando esso stesso protagonista dell’espressione artistica.

Il valore del materiale prezioso viene superato dalla forza espressiva del linguaggio dell’artista rimanendo portatore di un messaggio culturale e ideologico, di un significato simbolico legato al gusto di una società o di un’epoca. Ideato e realizzato come opera d’arte autonoma, il gioiello mantiene le sue valenze artistiche.

La lavorazione artigianale sia di materiali tradizionali che inconsueti, permette di sperimentare nuove tendenze che si diffonderanno nelle aree metropolitane dove, da sempre, nascono le nuove mode. Intorno al nostro corpo e ai nostri comportamenti ruota un complesso sistema di simboli che lo stylist di gioielli, grazie a una certa sensibilità estetica, acquista con la pratica del mestiere, sa trasformare in oggetti e forme definite.

I bijoux in realtà, non sono altro che una manifestazione concreata di tali particolari segni. Da questa capacità più o meno innata di “traduzione” da qualcosa di inafferrabile a qualcosa di tangibile, il designer e artigiano orafo dimostra quanto sia grande la sua creatività. Quest’ultima, ovviamente, può essere sviluppata attraverso un continuo aggiornamento culturale e tecnologico, pur rimanendo correlata alla sensibilità e all’abilità di cogliere nei comportamenti quotidiani delle persone le tracce per intuire i loro stili e desideri futuri.

 

 

I gioielli indiscreti

Il concetto di gioiello cambia radicalmente negli anni Sessanta del Novecento, in seguito all’evoluzione della fisionomia dell’artista che, abbandonati i ruoli tradizionali di pittore, scultore, scenografo e via dicendo, diventa un operatore di eventi estetici. L’arte diventa una delle forme di allargamento dell’area della coscienza, di rivoluzione e di liberazione dei rapporti con la società. Ma l’artista è più che mai consapevole del bisogno di rafforzare le proprie capacità di resistenza e di sopravvivenza rispetto a una società industriale e più tardi ipertecnologica, e quindi, diventa ogni giorno di più un cacciatore di potere, di un potere diverso, magico, in grado di controllare la materia spirituale e fisica del mondo in trasformazione.L’artista segna ancora più profondamente i confini invalicabili del suo regno e di conseguenza si serve di questa forma creativa, il gioiello, cercando di piegare l’opera a una visione più personale, che entra nel solco concettuale della propria poetica, legata al corpo e ai rituali moderni. Il gioiello d’artista è un oggetto magico, chiamato a esercitare il suo potere nella sfera sensibile e in quella delle idee.

Anche quando si tratta di semplici ornamenti il valore del materiale prezioso viene superato dalla forza espressiva del linguaggio dell’artista, pertanto questi rimangono portatori di un messaggio culturale e ideologico, di un significato simbolico legato al gusto di una società o di un’epoca. Una condizione che permane non soltanto nel caso di gioielli ideati ed eseguiti direttamente dall’artista, ma anche nel caso in cui il gioiello non risponde alle condizioni di unicità e irripetibilità, perché concepito come pezzo seriale. Ideato e realizzato come opera d’arte autonoma, il gioiello mantiene le sue  valenze artistiche; un esempio per tutti è lo straordinario progetto dell’editore di gioielli milanese Giancarlo Montebello, iniziato nel 1967 coinvolgendo artisti del calibro di Lucio Fontana e Man Ray, in cui la serialità entra a far parte della modalità di fruizione dell’opera.

 

Il gioiello tra sperimentazioni simboliche

e invenzioni del design

Agli inizi del XX secolo, nel contesto di profonde modifiche della società, il rinnovamento nel campo orafo è legato principalmente all’uso di gemme colorate. René Lalique è il primo a utilizzare lo smalto su oro. In Italia il vento di cambiamento si incanala nella mentalità sensibile di Duilio Cambellotti che lavora i metalli sull’onda del gusto Art Nouveau. Nei suoi gioielli il proteiforme artista mostra una capacità di sintesi del motivo naturale e un segno incisivo che ben si adattano alla severità dell’argento e dell’oro. L’intelligenza e la reattività delle sue idee mostrano una manualità pronta ad appropriarsi di qualsiasi oggetto appartenga alla sfera della vita quotidiana come i bottoni o il volo di uccelli, interpretati attraverso l’uso della madreperla. Gli animali miniaturizzati sono preludio di grande successo. Il sodalizio con Giacomo Balla lo porta in un crocevia di grandi incontri di artisti pronti a sperimentare nuove tecniche e soluzioni artistiche inusuali.

Un forte senso della ricerca sperimentale anima Ferruccio Ferrante il cui percorso sulle tecniche orafe antiche lo porta all’avanguardia nel settore.Le sue opere racchiudono la simbologia dell’area archeologica della Domus Aurea.

Nell’ambito delle vicende artistiche  che segnarono l’Italia tra le due guerre, la storia della pittrice veneziana Bice Lazzari diventa esemplare della fatica impiegata da alcune donne, dalle capacità creative formidabili, per ottenere un riconoscimento pubblico. L’artista utilizza e mescola materiali come l’argento, lo spago, il legno, impiegando un linguaggio astratto.

Anello di congiunzione con la produzione della gioielleria d’artista nella seconda metà del Novecento è lo scultore friulano Mirko Basaldella. A Roma entra in contatto con Corrado Cagli frequentando lo studio di Arturo Martini, con il quale intratterrà un rapporto di amicizia e di stimoli per tutta la vita. I suoi raffinatissimi gioielli restituiscono una visione più completa della sua personalità di scultore, pienamente partecipe della tematica del “primordio” elaborata da Cagli, in un percorso stilistico e iconografico che sembra ritrovare le sue origini nella pittura  romana e nell’immaginario mitologico. Dopo queste prime esperienze, la sua attività di orafo proseguirà con straordinaria prolificità, come testimoniano i suoi gioielli in oro e pietre preziose in possesso di molti collezionisti e un cospicuo numero di disegni conservati nell’archivio Mirko di Roma.

 

Gioielli sculture

Non basta essere scultori, anche ottimi, per poter realizzare dei bei gioielli. Contrariamente a quanto molti pittori, grafici e architetti credono, la tecnica dell’orafo è sempre un’arte a sé stante. Orafi dunque si nasce e solo raramente si diventa. Più probabile è nascere orafi e diventare scultore, pittore o architetto. La costante evoluzione che l’intensa attività lavorativa porta con sé sostiene la capacità dell’artista di cimentarsi in altre tecniche con assoluta maestria. La cromia dei metalli rende le percezioni dell’orafo simili a un pittore materico. Le sinuose curve degli anelli si trasformano in linee scultoree creando un effetto chiaroscurale attraverso la materia. Gli oggetti di oreficeria in apparenza rigidamente geometrizzati, sono invece duttili e continuamente mutevoli per la presenza di intime asimmetrie. Un gioiello nella sua contenuta dimensione, offre la solennità di un autentico monumento. Differentemente dalla scultura, dalla pittura e dalle altre arti, l’orafo non deve dimenticare l’indossabilità della sua creazione; il gioiello, infatti, deve fare tutt’uno con la mano, il collo, il polso di chi lo indossa, deve essere un ornamento sovrapposto, ma anche integrato, col corpo che vuole ornare. Questa qualità non deve mancare mai nei gioielli: levigati, plastici, aderenti alle superfici corporee, allo stesso tempo, fantasiosi, eclettici, diversificati uno dall’altro, così da non sottostare quasi mai alla moda di un dato periodo ma conservando quell’autonomia stilistica che consente loro di risultare sempre attuali.

 

                        Poveri ma belli

Negli anni sessanta spira sull’oreficeria una ventata di modernismo, che ben presto pervade l’Europa e l’America. Le teorie del Bauhaus, che incoraggiano la ricerca di una bellezza razionale e pura, libera da inutili orpelli. Si affermano in tutta europa con particolare riferimento all’Inghilterra e all’Olanda dove l’insegnamento di questa scuola viene considerato fondamentale da molti designer. 

Con i primi anni settanta numerosi orafi iniziano a esprimersi attraverso il disegno del gioiello presentando i loro lavori come arte. Spesso collane e bracciali vengono considerati vere e proprie sculture piuttosto che semplici ornamenti. Viene capovolta la nozione stessa di gioiello sperimentando forme semplici e lineari che interagiscono con il corpo. Ai metalli preziosi preferiscono quelli già in uso nella produzione industriale. Intendendo così dimostrare che sebbene un materiale non sia né caro né costoso, può tuttavia possedere notevoli qualità estetiche. Gli artisti-gioiellieri iniziano a rifiutare l’uso di metalli preziosi e di gemme perché rappresentativi di un certo status sociale. L’idea che un design buono e innovativo dia valore all’oggetto a prescindere dai materiali usati si espande in tutta Europa. Gli artisti che prendono parte a questa rivoluzione artistica segnano una tappa importante nella storia dell’oreficeria d’avanguardia. Per fortuna il loro pionierismo ha avuto molto seguito negli anni a venire.

L’evoluzione nel mercato della gioielleria d’autore non si arresta.

 

Pietre stellate

Le pietre catalizzano e canalizzano energie sottili. Ogni cosa su questa terra è terra e in qualche modo trasformata; ogni cosa su questa terra partecipa in qualche modo ad ogni altra cosa perché tutte partecipano all’equilibrio del Manifestato. Taluni legami sono più stretti di certi altri, e le pietre preziose sono un forte legame fra noi e il mondo emozionale.

Rubini, zaffiri e quarzi, quando presentano il raro fenomeno della stella, diventa unico  e prezioso. Perché appaia la stella, non è ben chiaro. L’ipotesi più accettata è che dipende da interne riflessioni di minuscoli aghi di  rutilo isoorientati, che deviano la luce interna in direzioni preferenziali. Fra le forze che avviluppano la pietra è nascosta la loro forza sconosciuta e la loro preziosità.

Normalmente le stelle hanno sei raggi, talvolta dodici e certe volte un numero imprecisato di linee luminose. I colori vanno dall’incolore al marrone mattone passando per il rosa e l’azzurro. Quando si tiene in mano una pietra stellata e un raggio di luce lo accenderà di stelle si assisterà al fluire di secoli di battiti del cuore della terra nelle proprie mani.

 

 

Il gioiello come ptrét-à-porter dell’opera d’arte

Nel secondo dopoguerra un gran numero di pittori e scultori si dedica alla creazione di gioielli sia in Italia che in ambito internazionale. Utilizzano come canale di diffusione anche la rivista “Harper’s Bazar”. Anello di congiunzione tra Italia e Stati Uniti, in questo momento, è Corrado Cagli, fuggito a New York a seguito delle leggi razziali. Cagli è animato dalla volontà di far conoscere la produzione italiana anche nel “nuovo mondo”, scrivendo un lungo articolo su Harper’s Bazar informando che negli ultimi anni a Roma si sta assistendo al revival della grande tradizione orafa italiana affiancata dalle novità di Mario Masenza. Questi è titolare di una delle più antiche gioiellerie di Roma, in Via del Corso: più una galleria che una gioielleria. Espone solo pochi pezzi accompagnati dal nome dell’autore con una stringata descrizione. Il gioielliere creava uno specifico gioiello d’artista, per una clientela sensibile, collaborando con i migliori artisti della scuola romana: Afro, Mirko Basaldella, Fazzini, Franchina, Capogrossi, Consagra, Uncini e molti altri.

La peculiarità dei gioielli di Masenza  non deve competere con le grandi case di gioielleria, come Bulgari, e con i collezionisti d’arte che non capiscono il valore artistico di un gioiello d’autore. Inoltre il suo progetto presentava il vantaggio di avere una clientela sensibile. I principali acquirenti sono  l’aristocrazia e la borghesia imprenditoriale nascente.

Nuove funzioni e possibilità del gioiello coincidono con il progetto estetico di liberazione del corpo e delle sue pulsioni, in una ripresa consapevole di motivi e idee già sperimentate nel periodo delle avanguardie storiche.

Delle sue opere  preziose Uncini dice “Avendo fatto gioielli e sculture contemporaneamente per molti anni, la scultura si è trasferita nel gioiello tenendo conto il più possibile del suo specifico; il gioiello ha portato nella scultura un affinamento nei rapporti di spazialità, un’attenzione nel dosaggio dei materiali, del colore.

L’aspettativa di Masenza di imporre il gioiello d’autore presso una vasta clientela, anche d’oltre oceano, rimane delusa perchè ristretto a un mercato elitario, penalizzato negli anni Settanta dalla crisi petrolifera che spinge ad accentuare i conflitti sociali.